Marisa Settembrini
Scrive Carlo Franza
L’arte di Marisa Settembrini persegue la ricerca di un ideale millenario che la nostra civiltà ha sempre considerato una delle sue espressioni più alte, la bellezza tradotta da una certa concezione del corpo umano. Da Fidia e Prassitele a Rodin, passando da Michelangelo e Canova, eppoi verso taluni contemporanei come Mimmo Rotella e Jacques Villeglè, la sua pittura esprime, tramite la perfezione dell’architettura umana, la presenza del mistero. Le sue opere si snodano attorno alla riconquista di una forma di bellezza considerata desueta da taluni modernisti. Fin dai suoi esordi, negli anni Settanta, il lavoro della Settembrini si è mosso ai margini di correnti dominanti quale l’arte concettuale, l’arte minimalista o i diversi approcci dell’arte astratta. Ella può essere associata da una parte ai Nouveaux realistes per una affinità stilistica o generazionale per via degli strappi cartacei, i decollages, dall’altra alla Poesia Visiva o meglio alla Poesia Visuale. Poi quando negli anni Ottanta abbiamo assistito a un ritorno alla figurazione, alla rivalorizzazione del passato e della mitologia, scopriamo che la sua opera sfugge a precise tendenze e, per contrasto, rivela tutta la sua specificità. A prima vista l’opera sorprende per il suo sviluppo organico, per la sua apparente immobilità, per la sua costante epurazione, seminando nuove basi, aprendo nuove piste. Ecco spingere l’arbitrarietà del segno al punto di dissoluzione segnalato da Jameson, e cioè al punto in cui i significanti, lettere, numeri e così via, sono diventati letterali “liberati dal fardello dei loro significati”. La Settembrini attinge dal mondo classico e dal mondo contemporaneo i valori che insuffla nelle sue creazioni. La figura umana, o meglio quelle parti di volto e di sguardo, strappate, ritagliate, vere finestre visive, ne escono altamente valorizzate poiché portano in sé l’impronta dello sforzo per superarsi. Il suo sguardo, rispetto al passato, non è nostalgico bensì basato sulla scommessa di insufflare l’ideale di bellezza nell’ambiente quotidiano. La sua ricerca interroga l’atteggiamento modernista, il nostro rapporto con le fonti della nostra civiltà, il ponte che ci ricollega con il fondo comune dell’identità occidentale. La Settembrini pone in scena una teoria estetica ed etica del volto, ben ricordando le riflessioni di Emmanuel Lévinas…
Biografia dell’artista
Marisa Settembrini è nata a Gagliano del Capo (Lecce) nel 1955. Dopo aver frequentato l’Accademia di Brera e la Kunst Akademie di Monaco di Baviera, oggi è titolare della cattedra di Discipline Pittoriche al Liceo Artistico di Brera, a Milano, città dove vive e che alterna con i riposi nella cittadina salentina di Alessano. La sua attività parte dal 1976 con l’invito alla mostra “La nuova figurazione italiana” al Palazzo dei Congressi di Roma, per conto della Quadriennale Romana. Numerose le mostre personali e le installazioni in Italia (Roma, Firenze, Alcamo, Lecce, Todi, Milano, Erice, San Vito Lo Capo, Pavia, Brescia, Sondrio, Loreto, Teglio, ecc. ) e all’estero (New York, Monaco di Baviera, Berlino, Dusseldorf), e le partecipazioni a importanti rassegne. Nel 2011 viene invitata da Vittorio Sgarbi a partecipare alla 54ma edizione della Biennale di Venezia. E’ presente in vari Musei stranieri (Berlino, Montreal, New York) e italiani. Ha inoltre elaborato in coedizione con alcuni scrittori varie cartelle di grafica. E’ stata segnalata da Jean Pierre Jouvet nel Catalogo Comanducci n. 14 e da Domenico Montalto nel n. 27. Della sua arte hanno scritto critici e scrittori italiani e stranieri, da Argan a Carluccio, da A. Del Guercio a Fabiani, da Ferguson, a Carlo Franza, da Armando Ginesi a Virgilio Guzzi e a D. Montalto, dalla E. Muritti a N. Ponente, da F. Russoli a R. Sanesi, da Evelina Schatz a Walter Schonenberg, da Fulvio Papi a Marco Valsecchi.
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